Come sta la tua schiena?

Provi dolore nella parte bassa della schiena?

Hai dolore la mattina quando ti alzi dal letto?

Hai dolore se stai tanto in predi nel solito posto?

Hai dolore quando ti alzi dopo essere stato tanto seduto?

Il dolore si irradia lungo una o entrambe le gambe?

Fai fatica persino ad allacciarti le scarpe?

 

Potresti soffrire di una lombalgia o di una lombosciatalgia.

 

La lombalgia è una patologia piuttosto comune che interessa il tratto lombare

della colonna vertebrale. L’80% della popolazione mondiale, uomini e donne ha nel corso della vita almeno due gravi episodi di mal di schiena, più o meno invalidanti. Molte sono i fattori che possono scatenare una lombalgia che vanno da un sovraccarico funzionale causato da un attività lavorativa o sportiva particolarmente pesanti a posture scorrette oppure uno sforzo eccessivo) nel sollevare per esempio un carico pesante ( colpo della strega ).

Le strutture anatomiche interessate nella lombalgia possono essere i muscoli, il disco intervertebrale, le faccette articolari delle vertebre, la fascia toraco lombare, un nervo periferico nel caso per esempio di sciatalgia, ecc.

Se vuoi inquadrare meglio la tua problematica e capire come risolvere il tuo mal di schiena i professionisti di Fisiotop metteranno a tua disposizione le prorpie conoscenze per aiutarti a risolvere il tuo problema.

 

Mulligan Concept

MULLIGAN CONCEPT

La terapia manuale secondo il “Cocept Mulligan” si basa sull’innovativa intuizione di applicare tecniche di mobilizzazione e riposizionamento articolare in modo attivo e con il paziente che compie il movimento in quel momento dolente o limitato.

MobilizzazionI con Movimento, queste tecniche di terapia manuale sono state scoperte e sviluppate da Brian Mulligan FNZSP (Hon), Dip. M.T., Wellington, Nuova Zelanda. Questo semplice ma efficace approccio, nel campo della terapia manuale, è diretto al recupero di alterazioni presenti a livello delle strutture muscolo scheletrice, con tecniche non dolenti di “riposizionamento” articolare manuali per il ripristino della funzione e l’abolizione del dolore.

La “mobilizzazione con movimento”  è un approccio terapeutico manuale utilizzato dagli operatori sanitari specializzati nella cura del paziente con dolore muscolo-scheletrico.

Fisioterapisti addestrati nel concetto Mulligan possono aiutare le persone a migliorare le restrizioni di movimento, il dolore con il movimento e le restrizioni funzionali. I praticanti di Mulligan cercano di migliorare il movimento del paziente con l’applicazione di tecniche senza dolore. Sia il clinico che il paziente possono valutare rapidamente il valore di questo approccio. Se la tecnica (o le tecniche) sono indicate, si osserverà un immediato miglioramento del dolore e del movimento. Il concetto Mulligan non è un approccio di trattamento passivo e molte persone beneficiano dell’autoterapia a domicilio.

 

Indicazioni comuni per questo approccio:

                   Dolore di natura non infiammatoria

                       Dolore acuto da lesioni

                       Perdita di movimento a causa di condizioni artritiche

                       Post condizioni chirurgiche che causano la perdita di movimento senza dolore, ad esempio condizioni post scope, chirurgia spinale

                       Mal di testa a causa di problemi al collo

                       Capogiri associati a problemi al collo

                       Restrizioni al dolore e al movimento della mascella o dell’ATM

                       Distorsioni acute e croniche della caviglia

                       “Gomito del tennista” o dolore al gomito laterale

 

Rotture LCA, donne più predisposte

Redazione OrthoAcademy  Ginocchio

I ricercatori delle Duke hanno utilizzato le immagini ottenute con la risonanza magnetica, algoritmi informatici e modellazione 3D per ricostruire i meccanismi di rottura di Lca in 30 persone. Le cause sembrano essere le stesse per uomini e donne
Credit: Louis DeFrate/Duke University

 

Anche se le donne hanno una probabilità da due o quattro volte maggiore rispetto agli uomini di incorrere in una rottura del legamento crociato anteriore (Lca) del ginocchio, le cause di questo infortunio non sono diverse tra i due sessi, come mostrano le ultime ricerche provenienti dalla Duke Health, un centro che si occupa di salute dal 1998.
I risultati destano una certa sorpresa, visto che gli studi precedenti suggerivano un diverso schema di movimento delle ginocchia, mentre il team di Louis DeFrateindica che le lesioni all’Lca si verificano allo stesso modo negli uomini e nelle donne.

Le scoperte, pubblicate sull’American Journal of Sports Medicine, sono il risultato di un esame condotto sulle ginocchia con rottura del legamento crociato di 15 uomini e 15 donne. Anche se si tratta di un campione numericamente modesto, l’analisi si è svolta in modo più rigoroso rispetto agli studi condotti in precedenza, che per lo più si erano limitati a intervistare i pazienti riguardo alle cause e alle modalità con cui si era prodotto il trauma o a osservare video. «Ma è difficile determinare la posizione precisa del ginocchio e il momento esatto della rottura attraverso la visione di un filmato», afferma DeFrate, che riferisce di aver seguito una metodologia più oggettiva: «abbiamo usato le scansioni di risonanza magnetica ottenute entro un mese dall’infortunio e identificato la contusione prodotta sulla superficie delle due grandi ossa, femore e tibia, che collidono quando si produce la rottura del legamento; successivamente abbiamo sottoposto le immagini a un sistema di modellazione 3D con algoritmi messi a punto appositamente per ricostruire la posizione del ginocchio al momento del trauma».

Le lesioni del crociato anteriore hanno un impatto molto forte e talvolta mettono fine alla carriera agonistica degli atleti; inoltre, al di là delle conseguenze immediate, aumentano decisamente le probabilità di sviluppo di artrosi precoce. Allenatori e società sportive hanno così avviato numerosi programmi di prevenzione fondati essenzialmente sul rafforzamento muscolare e sull’insegnamento di tecniche corrette di atterraggio dopo un salto, ma l’incidenza di questi infortuni resta elevata.
«Per sviluppare strategie migliori di trattamento e di prevenzione, abbiamo bisogno di una chiara comprensione di quali movimenti sono dannosi per gli atleti – dice DeFrate – e il nostro studio indica ad esempio che l’atterraggio a gamba tesa è particolarmente rischioso sia per gli uomini che per le donne».
È da circa dieci anni che il professore conduce ricerche su questo argomento e il suo lavoro ha anche dato origine ad alcune controversie; secondo DeFrate, infatti, le tecniche chirurgiche normalmente utilizzate per ricostruire l’Lca sono improprie: «è come guidare un’automobile con i pneumatici disallineati; si producono lesioni più gravi e si accelera il processo di osteoartrosi».
Il professore ha dunque lavorato in stretta collaborazione con gli ortopedici della Duke University per migliorare le tecniche chirurgiche e questo lo ha portato a ottenere, un paio di anni fa, il Kappa Delta Young Investigator Award da parte dell’Accademia americana dei chirurghi ortopedici, il più importante premio per la ricerca nel settore.

Giampiero Pilat
Giornalista Tabloid di Ortopedia

Owusu-Akyaw KA, Kim SY, Spritzer CE, Collins AT, Englander ZA, Utturkar GM, Garrett WE, DeFrate LE. Determination of the position of the knee at the time of an anterior cruciate ligament rupture for male versus female patients by an analysis of bone bruises. Am J Sports Med. 2018 Apr 1:363546518764681.

 

Lesioni Muscolari.. un pò di chiarezza

A chi di noi praticando sport non è mai capitato un infortunio muscolare? Spesso pero è apparso difficile in fase di diagnosi riuscire ad identificare il tipo di patologia a cui siamo andati incontro….contrattura? Stiramento? Strappo?

E’ arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza…

 

La classificazione dei primi anni 2000 identificava le lesioni muscolari in base a:

  • trauma diretto: lieve, moderato o severo
  • trauma indiretto: contrattura, elongazione, lesione di primo secondo o terzo grado.

Contrattura: il dolore si presenta generalmente dopo 24 e non presenta lesioni  anatomiche delle fibre muscolari.

Elongazione: il dolore si presenta durante l’attività fisica ed generalmente ben localizzato. Presenta microlesioni a livello delle fibre muscolari.

Lesioni Primo Grado:dolore acuto e violento con  stravaso ematico più o meno evidente. Si verifica la lacerazione di poche miofibrille all’interno di un fascio muscolare, ma non si ha lesione della stessa fascia.

Lesione secondo grado: dolore acuto e violento con alterazioni variabili del numero di fibre coinvolte. Lesione di uno o più fasci muscolari  Il deficit  funzionale è importante, ma non assoluto.

Lesione Terzo Grado: dolore acuto e violento con alterazione variabile del numero di fibre coinvolte. Perdita nella soluzione di continuità delle fibre  muscolari. Il deficit muscolare è assoluto ed è classificato il parziale o totale (lesione intero ventre muscolare).

 

Nel 2014 la I.S.Mu.LT ( Italian Society of Muscles Ligament and Tendons ) ha stilato un nuova classificazione per fare chiarezza e facilitare il lavoro degli addetti ai lavori.

Si inizia a parlare di: lesioni muscolari da trauma diretto o indiretto.

Le lesioni muscolari da trauma diretto sono la contusione e la lacerazione.

Quelle da trauma indiretto vanno distinte in strutturali e non strutturali. Le prime sono classificate in 1A e 1B che sono generalmente associate alla fatica o al sovraccarico, le seconde classificate in 2A e 2B sono di origine neuromuscolare.

Le lesioni muscolari strutturali da trauma indiretto si possono classificare in 3A e 3B quando la lesione muscolare è parziale e comunque interessa meno

 del 50% della superficie del muscolo, e di tipo 4 quando la lesione supera il 50% della superficie muscolare (subtotale ) , l’intera superficie muscolare ( totale ) oppure la giunzione mio tendinea.

Quale esame strumentale effettuare? ECO o RMN?

ECOGRAFIA: ripetibile, possibilità uso doppler, fatta in comparativa, in dinamica, in carico, miglior dettaglio anatomico, economica, da effettuare dopo 48-72 ore.

RMN: valuta meglio sedi profonde, possibile valutazione precoce, bassa sensibilità per lesioni minori. Se clinica ed eco sono discordanti, e l’atleta presenta ancora dolore la RMN diventa l’esame di riferimento.

 

L’importante qualunque sia il tipo di lesione è che chiunque di noi vada incontro a una di queste problematiche si rivolga a persone professionalmente competenti in grado di risolvere il problema.

Distorsione della Caviglia

“Una caviglia lesa e instabile rappresenta il presupposto di distorsioni recidivanti, si comprende quindi l’importanza di una buona rieducazione dopo un episodio distorsivo”

 

In Italia si stimano circa 5000 traumi distorsivi alla caviglia al giorno, questo significa che è uno dei traumi più comuni negli sport e nelle attività ricreative. 

La distorsione alla caviglia è il più frequente trauma muscolo-scheletrico dell’arto inferiore. Gli sport dove questo trauma è più frequente, in ordine crescente, sono: pallavolo (56%), basket (55%), calcio (51%)e la corsa di resistenza (40%). 

Nella distorsione alla caviglia quasi sempre rimane un dolore residuo abbastanza significativo che comporta una limitazione funzionale. Anche dopo che il trauma è stato curato si ha una percentuale variabile di pazienti, che va dal 10% al 30%, che lamentano una sintomatologia cronica caratterizzata da sinoviti, tendinopatie, rigidità, aumento di volume, dolore ed insufficienza muscolare, associati o meno ad instabilità del collo del piede con difficoltà a deambulare su terreni irregolari o episodi distorsivi recidivanti, a prescindere dal trattamento dell’episodio acuto. Questo avviene perché il danno del trauma distorsivo non avviene solo a carico del tessuto legamentoso, ma anche del tessuto nervoso e muscolo-tendineo, intorno al complesso della caviglia. 

Il tempo necessario per il recupero funzionale completo, qualunque sia il trattamento riservato al paziente (chirurgico o conservativo), varia dalle 3 alle 5 settimane; il tempo necessario prima di tornare al lavoro varia dalle 4 alle 7 settimane; e prima che il paziente possa ritornare alla pratica sportiva occorrono 10 settimane. I tempi di recupero, di solito, negli sportivi professionisti sono più corti perché il tempo riservato alla riabilitazione è molto maggiore rispetto ad esempio ad uno sportivo amatoriale.

 

I traumi distorsivi possono essere acuti (in seguito ad urti, contrasti, scontri o improvvisi cambi di direzione) o cronici (dopo carichi notevoli e prolungati).

La distorsione è la perdita momentanea ed incompleta dei rapporti articolari fra due capi ossei.

 

Per approfondire: Anatomia e Funzioni della Caviglia

L’evento traumatico può portare, nella caviglia di un atleta, ad una patologia articolare, suddivisa in due quadri:

  • quello della lassità,con lesioni capsulari, distensioni e lacerazioni del comparto legamentoso laterale e mediale della tibiotarsica e della sottoastragalica, che determinano una escursione articolare oltre i limiti fisiologici;
  • quello dell’ instabilità, che l’atleta avverte come un segno di cedimento articolare durante il gesto sportivo ed anatomopatologicamente obiettivabile in una rottura più o meno totale dei legamenti.

Dimensioni del Problema:

  • 5000 traumi distorsivi ogni giorno in Italia
  • 20% traumi sportivi
  • disfunzione cronica nel 30% dei casi e frequenti recidive
  • costi sociali elevati

“Una caviglia lesa e instabile rappresenta il presupposto di distorsioni recidivanti, si comprende quindi l’importanza di una buona rieducazione dopo un episodio distorsivo”

Classificazione

  • Grado 0: tilt astragalico inferiore a 8°, non rotture legamentose;
  • Grado 1: tilt astragalico (10°-20°), rottura legamento peroneo- astragalico anteriore;
  • Grado 2: tilt astragalico (20°-30°), rottura legamento peroneo- astragalico anteriore e peroneo calcaneare;
  • Grado 3: tilt astragalico superiore a 30°, rottura di tre legamenti

Sintomi

Per approfondire: Sintomi Distorsione alla Caviglia

  • Dolore vivo, localizzato a livello della zona anteriore del malleolo peroneale, che insorge durante la palpazione;  
  • Tumefazione modesta o cospicua a livello periarticolare ed articolare, segno della rottura della piccola arteriola passante al di sopra del legamento peroneo-astragalico anteriore (segno di Robert-Jaspert);  
  • Limitazione funzionale causata dal dolore che il paziente avverte durante i movimenti dell’articolazione;
  • Instabilità dell’ articolazione tibio-tarsica

Trattamento Conservativo

Per approfondire: Rimedi per la Distorsione alla Caviglia

 

È diviso in 3 fasi: Acuta Sub-acuta Di Rieducazione Funzionale  

FASE ACUTA

Il protocollo più accreditato per le lesioni acute è il P.R.I.C.E. Protection Rest Ice Compression Elevation   In fase acuta gli obiettivi sono:   a) L’immobilizzazione;   b) Diminuzione degli “irritanti chimici” che causano dolore e favoriscono la “stasi tissutale” (ovvero l’edema);   c) La prevenzione di ulteriori sollecitazioni meccaniche della struttura lesa.

FASE SUBACUTA

In fase sub-acuta lo scopo del trattamento è quello di sottoporre il tessuto leso ad una serie di sollecitazioni meccaniche, utili per promuovere l’orientamento fisiologico delle fibre collagene.   Gli obbiettivi in questa fase sono: a) L’eliminazione del dolore; b) Il recupero della particolarità; c) L’eliminazione dello spasmo muscolare; d) L’eliminazione dell’edema; e) Il recupero della forza muscolare.   Per raggiungere questi obbiettivi si utilizzano massaggi, terapie fisiche, tecniche di mobilizzazione e la cinesiterapia.

FASE DI RIEDUCAZIONE FUNZIONALE

Nella fase di rieducazione funzionale si mira al:   a) Recupero della propriocettività;   b) Recupero della forza; c) Prevenzione delle recidive.  

 

IL BENDAGGIO FUNZIONALE previene l’insorgere di ricadute o recidive quando si riprende l’attività motoria; evita i danni di una prolungata immobilizzazione o inattività funzionale;   riduce i tempi di recupero

 

Qualora si riporti una distorsione alla caviglia in luoghi avversi, lontano da possibili soccorsi, è bene non togliersi la scarpa per esaminare la lesione. Il conseguente dolore associato a gonfiore potrebbe infatti ostacolare il reinserimento del piede nella scarpa.

Rieducazione Propriocettiva

Con il termine di rieducazione propriocettiva, come appare chiaro dal termine stesso, si intendono tutte le metodiche e gli esercizi mirati a stimolare e rieducare la sensibilità propriocettiva, quella, cioè, che ci permette di conoscere anche ad occhi chiusi la posizione del nostro corpo e dei suoi segmenti nello spazio.

Particolari recettori raccolgono i segnali di origine periferica, trasmettendoli al sistema nervoso centrale che elabora le informazioni ricevute e le integra con altre afferenze (visive, labirintiche), per organizzare adeguate risposte motorie.   La funzione dei propriocettori è quindi fondamentale per regolare il tono muscolare, la postura e la corretta esecuzione dei movimenti.

Esercizi Propriocettivi

Gli esercizi propriocettivi sono quindi quelle attività che vanno a stimolare il sistema propriocettivo, con l’obbiettivo di allenarlo a fornire delle risposte rapide ed adeguate in situazioni destabilizzanti e potenzialmente pericolose, coscientizzando l’individuo nei confronti del proprio corpo. In particolare la rieducazione propriocettiva nel caso della caviglia deve proporsi come fine quello di far acquistare all’ articolazione tibio-tarsica una maggiore coordinazione nelle contrazioni muscolari e delle leve ossee, in relazione al movimento .

Inizialmente la rieducazione propriocettiva si effettua in scarico o in maniera passiva, per abituare il paziente a percepire le diverse caratteristiche del movimento indotto e coscientizzarlo riguardo alle sue possibilità di reazione motoria.

Successivamente, prima di eseguire gli esercizi propiocettivi in stazione eretta andremo a fare recuperare, se non ancora presente, un’equa distribuzione del carico.   Successivamente si propongono esercizi su superfici instabili, come i piani circolari, le tavolette quadrate e le semisfere Il paziente deve imparare a mantenere l’equilibrio con semplici movimenti delle caviglie, inizialmente ad occhi aperti e con l’aiuto del terapista, successivamente senza aiuto e senza il controllo visivo.   Il lavoro prosegue poi in monopodalica sia sull’arto leso sia su quello sano. In questa fase il terapista può aiutare il paziente, o destabilizzarlo con delle spinte quando ha raggiunto un buon controllo dell’equilibrio.   Quando il paziente ha recuperato una buona deambulazione si procede con l’eseguire un percorso propriocettivo composto da cuscini che hanno una diversa consistenza e deformabilità, in modo da adattare il passo e stimolare i recettori propriocettivi durante la camminata su un terreno non omogeneo

 

Rinforzo Muscolare

Nella riattivazione motoria, dopo un qualsiasi trauma, distorsivo o meno, ricopre un ruolo fondamentale il rinforzo muscolare, in quanto un buon trofismo dei muscoli riduce il rischio di lesioni recidivanti e permette al paziente di riprendere a pieno regime le attività che svolgeva prima dell’incidente.   Nella rieducazione della caviglia dopo una distorsione dobbiamo prestare particolare attenzione ai movimenti che andremo a far compiere al paziente, in modo tale da non procedere subito con esercizi che possono recare danni al comparto che ha subìto il trauma.   Per questo motivo è meglio cominciare con esercizi molto leggeri, divisi in più serie con poche ripetizioni

Lo strumento più utilizzato per il rinforzo muscolare è l’ elastico, in quanto permette di dosare il carico ed è molto versatile per questo tipo di esercizi.   Gli stessi esercizi possono essere effettuati con l’ausilio di una palla di spugna . Quando il paziente è in grado di camminare senza evidenziare zoppia e senza accusare dolore nella zona interessata si può procedere con l’esecuzione di esercizi a carico completo.     Possiamo dividere questi esercizi in due categorie.   La prima è per il potenziamento dei muscoli della gamba, più precisamente per quelli della loggia posteriore.   La seconda invece è mirata al potenziamento dei muscoli della coscia.

Recupero del Gesto

La fase successiva è quella del recupero del gesto atletico, che è mirata non solo a l recupero della meccanica del passo normale, ma al recupero ottimale per tornare a svolgere attività fisiche come prima dell’infortunio.

Riabilitazione in acqua  

La riabilitazione in acqua prevede l’esecuzione di esercizi, molte volte gli stessi che si eseguono in palestra, con il corpo parzialmente immerso nell’acqua.

Questo tipo di riabilitazione sfrutta alcune leggi fisiche come:

  • Principio di Archimede
  • Reazione Viscosa

Anche la riabilitazione in acqua si divide in tre parti:

  • Rieducazione propiocettiva  
  • Rinforzo Muscolare  
  • Recupero del Gesto

Rieducazione propiocettiva

si invita il paziente a camminare lungo la vasca mantenendo sotto il piede una tavoletta galleggiante in modo da creare una situazione di instabilità continua durante le varie fasi del passo.

Rinforzo Muscolare

esercizi con lo step, flesso-estensione delle gambe con sostegno di un galleggiante, nuoto a stile libero con le pinne in modo tale da aumentare la resistenza dell’acqua, camminate con attrezzi che aumentano la resistenza dell’acqua nello specifico del gesto e movimenti di adduzione, abduzione e flesso-estensione della gamba da stazione eretta.

 

Recupero del Gesto

andremo ad eseguire vari tipi di camminata, in avanti, all’indietro, laterale, corsa nelle tre direzioni, balzi, saltelli e tutte le altre situazioni a cui si può andare incontro durante il ritorno all’attività da parte del paziente. Tutti questi esercizi potranno subire variazioni come, ad esempio per il cammino, camminare in avanti prima esasperando la flessione del ginocchio andando quasi a toccarsi la zona addominale, oppure mantenendo le gambe rigide.

Tratto da https://www.my-personaltrainer.it/caviglia2.html